martedì 7 giugno 2016

Talete e l'amico Sole



 C’era una volta, sulle coste della Ionia, nella fiorente Mileto, un giovane ragazzo estremamente curioso di nome Talete. Questi era famoso tra i suoi amici perché, camminando con il naso all’insù, assorto a contemplare il cielo e gli astri, era inciampato e caduto in una buca profondissima da cui non riusciva più ad uscire.
Da quel dì, il giovane Talete aveva imparato a guardare dove mettere i piedi ma non aveva smesso di studiare il cielo, il mare e tutto quello che lo circondava. 


Un suo amico mercante, di ritorno da un viaggio in Egitto, gli raccontò di aver visto tre monumenti di dimensioni superiori ad ogni immaginazione: “chissà quanti uomini ci saranno voluti per costruirli, di sicuro decine di migliaia, forse centinaia.”

Talete non poteva resistere: doveva vedere questi monumenti che gli egiziani chiamavano Piramidi.
Appoggiato alla balaustra della nave, guardava sparire la sua terra natale. La nave sospinta dai venti etesii, che soffiavano soltanto d’estate, raggiunse le coste egizie ed entrò nel lago Mariotis, dove Talete s’imbarcò su una feluca per risalire il Nilo.
Dopo qualche giorno di navigazione, interrotta da numerose soste nelle varie città che sorgevano in riva al fiume, finalmente le scorse. Al centro di un vasto altopiano, non lontano dalla riva, sorgevano tre piramidi quella di Chefren, di Micerino e la maestosa piramide di Cheope.
Talete sbarcò dalla feluca e pian piano, sempre più lentamente, si avvicinò alla piramide più alta, si fermò e si sedette per contemplarla.

Un giovane contadino egiziano gli si avvicinò: “ Anche tu straniero sei impressionato da questa piramide? Lo sai perché è stata costruita? Te lo dico io. Il faraone Cheope l’ha fatta innalzare con l’unico scopo di indurre gli esseri umani ad ammettere la loro piccolezza … più grande e maestosa risultava la piramide più piccoli sarebbero risultati gli uomini.”
Talete fu colpito dal discorso del contadino e dal fatto che era materialmente impossibile misurarla. La costruzione più visibile nel mondo abitato e la sola a non poter esser misurata.
Quel monumento così smisurato rappresentava ora per lui una sfida.
Talete restò lì a contemplare la piramide in compagnia del contadino che continuava ininterrottamente a parlare. Parlò tutta la notte.
La mattina, al sorgere del sole, Talete si alzò e fu colpito dalla sua ombra sulla sabbia.
Il suo sguardo si spostò dal  suo corpo alla sua ombra e poi ancora dalla piramide e alla sua ombra . Aveva forse trovato un alleato?
Il sole non fa differenza tra gli oggetti del mondo.
Il sole tratta tutti allo stesso modo, l’uomo minuscolo e la piramide gigantesca.
Talete intuì: “ il rapporto tra la mia altezza e l’ombra è uguale a quello tra la piramide e la sua. Quindi nel momento in cui l’ombra sarà esattamente uguale alla mia statura, anche l’ombra della piramide sarà uguale alla sua altezza!”
Ecco l’idea tanto cercata.

Talete chiese aiuto al contadino e all’alba del giorno dopo si trovarono ai piedi della piramide.
Talete tracciò sulla sabbia un cerchio col raggio uguale alla sua altezza. Si pose al centro ben dritto. Quando la sua ombra sfiorò l’estremità della circonferenza, quindi quando l’altezza fu uguale all’ombra, lanciò il grido di segnale.
Il contadino, che era in attesa, piantò subito in piolo nel punto in cui arrivava l’estremità dell’ombra della piramide.
Talete fece una corsa per raggiungere il contadino ed insieme, senza scambiarsi una parola, con l’aiuto di una corda ben tesa, misurano la distanza che separava l’estremità dell’ombra alla piramide.

Così grazie all’ombra riuscirono a calcolare l’altezza della maestosa piramide.
Grazie all’amico sole erano riusciti a misurare il grande attraverso il piccolo,
misurare l’inaccessibile grazie all’accessibile,
misurate il lontano grazie al vicino.


Nessun commento:

Posta un commento